Analisi: perché la Ferrari era cosi lenta in Francia?
Quella vista in Francia è stata una Ferrari troppo brutta per esser vera.
Che la SF21 non sia da considerarsi una vettura da mondiale e che non potesse lottare costantemente per la vittoria o anche solo per il podio, lo si sapeva fin dall’inizio della stagione.
Non bisogna dimenticare che il 70% della SF21 deriva dalla “sfortunata” SF1000 per via delle limitazioni allo sviluppo delle vetture della passata stagione, utili a salvaguardare l’economia soprattutto dei team minori. Tra cui tutta la meccanica anteriore, visto che i due gettoni sono stati spesi al retrotreno dove secondo i tecnici del team italiano c’era più potenziale da sbloccare.
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Tuttavia, non si poteva nemmeno lontanamente immaginare uno scenario cosi negativo come quello visto al Paul Ricard.
Nemmeno in Ferrari si aspettavano una debacle cosi importante, considerando che, in Francia, Sainz e Leclerc giravano con un passo superiore a quello di Verstappen mediamente di oltre 2 secondi, toccando con Leclerc anche i 4 secondi e mezzo nel momento in cui le sue Hard anteriori soffrivano in modo incredibile il graining.
Andiamo a capirne i motivi.
Partiamo con il dire che il Paul Ricard è un tracciato front – limited, cosi come Portimao, Imola e in parte anche Barcellona.
In tutti questi circuiti (tranne Imola durante le libere) Ferrari è scesa in pista con assetti aerodinamici tra il medio/alto e l’alto carico, con quindi la versione più carica delle ali posteriori fin qui viste, adattata poi alle varie tipologie di circuito lavorando su quelli che i piloti chiamano ‘click’ (all’anteriore soprattutto) di ala.
Più carico al posteriore significa, di conseguenza, maggior carico anche sull’anteriore necessario per bilanciare al meglio la vettura. Quella downforce anteriore ancor più fondamentale su piste con scarso grip come Portimao e il Paul Ricard (la domenica soprattutto).
Tralasciando Imola, per cui la scelta dell’ala posteriore era stata fatta anche in funzione della possibile pioggia domenicale, sul difficile e ‘liscio’ asfalto di Portimao, Ferrari era riuscita a contenere in modo importante il problema del graining grazie anche ad un assetto più carico e consono per la tipologia di circuito.
Ne avevano sofferto le anteriori di Carlos Sainz nel secondo stint su Medium, ma c’era una importante motivazione: una strategia troppo aggressiva lo aveva portato, appena dopo il pit stop, negli scarichi della MCL35M di Lando Norris.
“L’undercut non ha funzionato, Carlos ha dovuto spingere troppo fin da subito avendo poi graining.” aveva spiegato Mattia Binotto nel post gara.
Per cercare a tutti i costi il sorpasso a gomma nuova, il pilota spagnolo non si era infatti preoccupato di scaldare correttamente il nucleo dei suoi pneumatici prima di spingere a fondo, con la deleteria conseguenza che, seguendo la vettura del team orange, la superficie delle sue anteriori ha iniziato a scivolare e surriscaldarsi, favorendo cosi la formazione di graining. Non cosi massiccio come in Francia, ma tanto da portar lo spagnolo comunque fuori dai punti vista la ottima concorrenza di Alpha Tauri e Alpine, oltre alla sempre presente McLaren.
Sullo stesso compound, la SF21 di Leclerc non aveva manifestato il problema, patendo di più con le posteriori specialmente nelle prime fasi di gara, con alto livello di carburante.
Quando si forma il graining? Sentendo Pirelli, quando la gomma lavora ‘fredda’.
Il cuore della gomma, essendo più freddo della sua temperatura ottimale di funzionamento, non si flette nel modo ottimale per cui lo strato più superficiale, quello direttamente a contatto con l’asfalto, deve lavorare maggiormente per compensare ciò.
La gomma inizia cosi a scivolare, tendendo a surriscaldarsi. E’ proprio la differenza di temperatura che si genera tra il nucleo della gomma e la sua superficie che va a generare il graining.
Pezzi di pneumatico surriscaldato si staccano, aumentando l’usura e diminuendo la superficie di lavoro; questo aumenta ulteriormente lo scivolamento e quindi il surriscaldamento della superficie. Avanti cosi, a catena.
Solo un innalzamento della temperatura nel nucleo può portare la gomma a ripulirsi, garantendo anche un importante ritorno prestazionale. Quanto successo in gara a Leclerc nel suo stint sulla Hard, poi interrotto da una seconda sosta ai box.
Passando a Barcellona, pista non cosi diversa da quella del Paul Ricard seppur presenti un tratto, l’ultimo, più lento e più ‘rear limited’, la Ferrari ha trascorso un weekend da terza forza senza grossi problemi.
Per quale motivazione? E’ tutta una questione di grip. Al contrario del Paul Ricard, il tracciato di Barcellona ha un’aderenza molto elevata che aiuta enormemente quella che a Maranello definiscono come una “piccola finestra di setup all’anteriore” su circuiti ‘front limited’; dove quindi bisogna privilegiare il carico anteriore, rispetto al posteriore nel bilanciamento, per salvaguardare le gomme su quell’assale.
L’elevato grip del Montmelo ha permesso alla SF21 di ben comportarsi sulle gomme senza manifestare graining sull’anteriore, che nel 2018 colpì la SF70H nell’utilizzo delle gomme super soft, e surriscaldamento sulle posteriori.
In Spagna, il team italiano aveva optato per un assetto ancor da più alto carico rispetto a Portimao, con una nuova ala posteriore, poi utilizzata anche a Monaco. Durante le FP1 era stata provata anche l’ala utilizzata a Portimao, ma è stata subito scartata.
Poi, dopo circuiti più ‘rear limited’ come Monaco e Baku, è arrivato il Paul Ricard che possiamo considerare come un mix tecnico tra Portimao e la Spagna, soprattutto considerando le condizioni domenicali della pista francese. Altro esame per la SF21.
Simile al circuito portoghese per la totale assenza di grip di un asfalto posato solo nelle prime settimane di questo 2021, al circuito catalano invece in termini di sforzi laterali sugli pneumatici.
Ferrari ci è arrivata con un assetto aerodinamico molto simile a quello utilizzato in Portogallo. Ma per estrarre più prestazione dagli pneumatici sul giro secco, il sabato mattina entrambe le SF21 sono scese in pista con un assetto più aggressivo e scarico.
Per la prima volta in questa stagione, tralasciando Baku che è molto diverso in termini di configurazione aerodinamica, si è entrati in qualifica con l’ala posteriore a cucchiaio.
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Anche se in Ferrari tendono a minimizzare la portata degli interventi, queste modifiche sono alla base delle pessime prestazioni domenicali di entrambe le rosse.
Un assetto più carico, come a Portimao, avrebbe favorito il contenimento dei problemi di graining. Soprattutto considerando la possibilità di pioggia che c’erano tra le qualifiche e la gara; in casa Ferrari non sono stati lungimiranti, come a Imola, nel tenerne conto. Ma anche qui c’è un perché: non se l’aspettavano.
Il pochissimo grip offerto dal nuovo asfalto del Paul Ricard ha mandato fuori temperatura entrambi gli assali; non solo l’anteriore ‘freddo’, con conseguente pesante graining, ma anche il surriscaldamento delle posteriori in alcune fasi di gara che i piloti hanno faticato a tenere sotto controllo.
Insomma, peggio non poteva andare.
Di positivo c’è che tutto ciò non è successo in un weekend ‘normale’, quando le condizioni risultano essere stabili e il grip aumenta con il passare delle sessioni. In quei casi la SF21 non ha mai mostrato importanti debolezze nella gestione delle gomme.
D’altronde una vettura con quelle debolezze non sarebbe in piena lotta per la terza posizione mondiale e non avrebbe superato l’esame Montmelo a pieni voti.
Ora ci sono i due appuntamenti austriaci, due weekend dove la Ferrari ci entra meno negativamente rispetto al Paul Ricard, alla pari di McLaren. “Penso che come tipologia di tracciato sia migliore per noi rispetto al Paul Ricard.” ha detto Mattia Binotto. Per poi tornare in modo importante sotto esame a Silverstone.
Autore: Piergiuseppe Donadoni