Ferrari e le (obbligate) “risorse interne”, basteranno per tornare al top nel 2022?

Ferrari e le (obbligate) “risorse interne”, basteranno per tornare al top nel 2022?

Sette stagioni di successi, alcune corse “passeggiando”, altre un po’ meno, che potrebbero divenire otto in questo 2021. Stiamo parlando del bulldozer Mercedes, forse il team più forte, tecnicamente e politicamente, dell’intera storia della Formula 1.

Ma tutti i cicli prima o poi finiscono. Chi sta all’interno del team anglo tedesco lo sa bene; per Toto Wolff è sempre più difficile trattenerli e per i competitors sempre più facile accaparrarseli, anche le prime linee.

È il caso di Ben Hodgkinson che, alla scadenza del contratto cn HPP (fine 2022, sono in corso colloqui per anticipare la “rottura”, ma Mercedes…), diverrà il nuovo Chief Engine Officer (Direttore Tecnico) di Red Bull Powertrains.

Il tecnico inglese è un pezzo piuttosto pregiato (dal 2017 responsabile dell’ingegneria meccanica power unit) di Mercedes HPP, il reparto motori con sede a Brixworth, per cui lavora da quasi 2 decenni. In precedenza ha avuto importanti esperienze con Ilmor Racing e nella progettazione di motori turbocompressi per Le Mans e il mondiale Rally (WRC).

Le risorse interne basteranno per tornare al top nel 2022?

Dopo l’abbandono di Honda, che chiuderà la sua (costosissima) esperienza in F1 ottimizzando l’attuale power unit per funzionare al meglio con il nuovo carburante ecologico E10, cedendo al team anglo tedesco la tecnologia e le proprietà intellettuali, e aver avuto l’ok dalla Fia e dagli altri motoristi per il congelamento delle unità motrici tra 2022 e 2024, Red Bull ha deciso di costruire negli spazi di Milton Keynes la sua sezione motori (Powertrains). Dal 2025 dovrebbe quindi aprirsi una nuova era con il team anglo austriaco che potrebbe divenire a tutti gli effetti anche motorista.

Non c’è ancora la piena certezza poiché comunque rimane aperta la strada di una possibile collaborazione con un marchio esterno come Volskwagen (Porsche o Audi). Ma l’ingresso del colosso tedesco in F1 è ancora incerto, seppur i colloqui tra il board e i vertici della F1 siano reali e costanti.

Da qui la scelta Red Bull di costruire la propria divisione motori; per non farsi trovare impreparata quando, tra pochi mesi, si decideranno i dettagli delle prossime unità motrici. “Il nostro obiettivo è definire i dettagli della prossima generazione di motori entro l’estate di quest’anno. Non sarà un compito facile. Il motore dovrà diventare più economico, pur rimanendo un ibrido, ed essere alimentato da carburante sostenibile. – ha affermato poche settimane fa Domenicali, boss di Liberty Media. Che ha poi aggiunto: “L’obiettivo è anche quello di consentire ai produttori di espandere il proprio portafoglio di tecnologie future oltre alle auto completamente elettriche”.

Quello Red Bull è un progetto arduo, voluto fortemente da Helmut Marko che è riuscito, non senza resistenze, a strappare l’ok e i tanti milioni di euro di investimento al patron Red Bull, Dietrich Mateschitz.

Da chi iniziare se non da un “senior engineer” del team che più ha dominato, anche motoristicamente parlando, la F1 degli ultimi 7 anni?

Red Bull ha avuto vita facile nel convincere Hodgkinson. Una questione di soldi, principalmente. Non molto altro di più. Milton Keynes dista infatti soli 50 km da Mercedes AMG HPP, 10 in meno se consideriamo la sede di Brackley del team campione del mondo.

In Inghilterra c’è quella che viene definita la F1 Valley; in un raggio di 200 chilometri hanno le proprie sedi Red Bull, Mercedes, McLaren, Williams, Renault, Aston Martin e persino Honda, da cui tra qualche settimana arriveranno vari tecnici nella nuova sede Red Bull.

Se consideriamo invece Maranello, i chilometri diventano oltre 1500. Questa attualmente è la più importante barriera per portare in Italia i migliori tecnici delle altre scuderie.

Per vincere in Formula 1 servono investimenti, non solo nelle strutture ma anche nelle persone. Elkann sembra averlo capito. Da vari mesi Ferrari è alla ricerca di personale, soprattutto aerodinamici, ma riuscire a portare in Italia ingegneri ben posizionati negli altri team sembra essere complicatissimo, a quanto capito nelle ultime settimane da Formu1a.uno. Si spostano piuttosto verso team con sede in Inghilterra, a pochi km dalla precedente esperienza lavorativa, proprio come l’ultimo acquisto di casa Red Bull.

Nell’autunno passato qualche tecnico in arrivo dall’Inghilterra è sbarcato a Maranello; terze o quarte linee, italiani o tecnici di altri paesi che si sono viste chiuse le possibilità di carriera nei team precedenti. Chi sta in alto, spesso con famiglia, in questa fase storica non vede il trasferimento in Italia come una soluzione allettante. Non sembra essere più nemmeno una questione di soldi o di “pregio”. Certo, i problemi di personale avuti da Ferrari tra il 2016 e il 2018 hanno lasciato strascichi, ma per gli inglesi le alternative vicino a casa, nella F1 Valley, sono tante e altrettanto stimolanti in questo momento storico.

Bisogna quindi continuare a lavorare con le risorse interne, quel “vivaio” e quell’idea di Marchionne che si sposava bene con la sua voglia di non spendere troppo. Un po’ come Alpha Tauri. Da cui spesso arrivano rinforzi, proprio perché sono italiani. Neolaureati che entrano nella sede di Faenza grazie ad uno stage e poi, se valutati positivamente, vengono assunti.

Ma Ferrari non è Alpha Tauri. A Maranello non c’è tempo per “aspettare”.

Basterà per tornare al top nel 2022, l’anno della grande rivoluzione tecnica in F1? 

Autore: Piergiuseppe Donadoni