Opinione: è stato un periodo buio l’epoca delle Power Unit?

Piergiuseppe Donadoni
25/01/2021

Al cuore non si comanda. Sicuramente gli appassionati veri sono rimasti fedeli e curiosi quando nel 2014 sono state introdotte le power unit ibride.

Ma dopo 7 stagioni tra alcuni cambi regolamentari anche pesanti, che però non hanno mai riguardato il motore, cosa possiamo dire se tracciamo un bilancio? Forse la straordinaria tecnologia ha fatto a pugni con i reali benefici attesi.

Mercedes partì con un anticipo politico e strategico di almeno due anni, forte di investimenti per altri impensabili.

Ha ragione il presidente della Fia Jean Todt quando dice che oggi “possiamo dire che il loro dominio è stato superiore a quando ero in Ferrari con Schumacher”.

Il tema ora non è tanto parlare del passato, piuttosto dove il passato ci ha condotti.

Stefano Domenicali, appena insediato, ha fatto sapere che la F1 deve tornare a mettere i piloti al centro del palcoscenico nel breve termine. Nel medio termine invece si deve lavorare ad una categoria dalle regole più semplici, lasciando spazio alle idee e sostenibile finanziariamente. Naturalmente non è colpa di Mercedes se oggi o meglio in questi anni i motoristi sono stati sostanzialmente solo 4 e nemmeno di aver demolito ogni concorrenza respingendo in maniera brutale ogni possibile avvicinamento. Sia con i loro mezzi tecnici, sia con quelli politici.

Non sono qui a dire che la mancanza di competizione sia solo merito di quel lontano vantaggio, ricordo un Hamilton straordinario e monoposto progettate da gente anche più brava.

D’altro canto oggi è più importante stabilire quale sia il bene per la F1 del futuro. Certamente attrarre nuovi costruttori sarebbe il fine a cui aspirare. Ci torneremo perché in pentola sembrano bollire della buone nuove. Per farlo comunque serve proporre un cambiamento importante e riguarda proprio le motorizzazioni. È un bene ma non è sufficiente l’ingresso di brand seppur nobili perché se equipaggiati dalla stessa casa madre che già compete, diventa difficile pretendere che possano arrivare a lottare per il titolo.

Questo vale per tutti, Ferrari e Renault comprese.

Honda ha gelato la F1 quando annunciato il ritiro e poi lasciando in dote a Red Bull, nel caso, tutto il supporto necessario per la gestione della Power Unit. È una mezza soluzione – purché ci sia il congelamento – che fa capire per certi aspetti il disagio di cercare un compromesso pur non chiamandolo ricatto, anche se forse è il termine più appropriato.

Come spiegavo prima, l’esempio di Milton Keynes ci fa capire che pur di non tornare a una power unit Renault clienti, Horner e Marko preferiscano rimanere con qualcosa di indipendente seppur, forse, meno competitivo alla distanza.

La questione a largo raggio non è solo finanziaria. Nel pensiero di certi board – che si sono guardati bene negli ultimi anni dal pensiero di entrare in F1 – non ci sono mezze misure: si vincono delle gare o si esce di scena con un brutta figura.

Ferrari, che ha lavorato su zone grigie tentando un colpo di reni, è stata l’unica a rendere le cose più incerte, almeno a tratti.

Nessun altro costruttore si è mai avvicinato in maniera tale da poter anche incentivare competitors ad aprire trattative per il rientro in F1.

Per ora il solo ritorno di Aston Martin con Vettel ha rimbombato forte, così come il rientro di Alonso. Ci sarà il forte cambiamento verso il 2022 a scapito dell’aerodinamica, gomme completamente nuove; questo terrà su l’attenzione, la nostra attesa e la curiosità.

Ma a lungo termine va posto un rimedio e sarebbe necessario verso il 2024 o 2025 approvare un regolamento in questo senso che riporti a galla i valori soprattutto della competizione motoristica. Questo consentirebbe a Domenicali di poter offrire un palcoscenico né buio né proibitivo per chi vorrà salirci.

Autore: Giuliano Duchessa

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