Non è un mistero che la Formula 1 debba definire il suo futuro a medio termine. Ciò che regola gli accordi commerciali tra team, F1, e Fia – unitamente ai vincoli regolamentari e finanziari – è il cosiddetto Patto della Concordia. Normalmente l’accordo definisce il perimetro normativo e di governance tramite un documento condiviso, i cui aspetti restano per ovvie ragioni riservati.
Il settimo patto della Concordia è attualmente in vigore ed è stato siglato nel 2020, durante la prima drammatica ondata di Covid. In quella occasione si decise di attuare il rinvio di 12 mesi dei nuovi regolamenti tecnici e l’attuazione di un budget cap più severo. Liberty Media, allora guidata da Chase Carey, in collaborazione con i team e la Fia seppero trasformare quello che era un momento critico – in particolare per i team minori – in una opportunità non solo in termini di sopravvivenza del circus, ma di rilancio per gli investimenti.
Nei decenni abbiamo visto qualche team fallire o grandi costruttori andare e venire, ad eccezione della Ferrari. Fondamentalmente perché competere nella massima categoria del motorsport si trasformava non di rado in un buco nero finanziario. Attualmente la Formula 1 a livello di interesse non solo è in salute – nonostante un campionato che non è mai iniziato – ma è persino un business divenuto redditizio economicamente. Non a caso grandi nomi bussano alla porta di Fia e Stefano Domenicali presentando importanti progetti. È chiaro però che non c’è spazio per tutti. Audi ha scelto di entrare per tempo acquisendo conoscenze e personale ingegneristico tramite la storica Sauber. Il colosso tedesco ha varato un impegno graduale e massiccio verso il 2026, tuttavia se gli attuali costruttori sembrano già ben avviati, la casa tedesca sembra debba affrontare un po’ di ritardo rispetto al concepimento della nuova Power Unit.
Red Bull da tempo ha preferito legarsi a Ford piuttosto che a Porsche, rifiutando mesi fa una offerta di centinaia di milioni di dollari per Alpha Tauri, offerta che in altri tempi sarebbe stata tanto irrinunciabile quanto impossibile da ricevere. Una mossa resa possibile da cambiamenti anche nel breve termine che la vedranno ottimizzare al massimo il collegamento tra Faenza e Milton Keynes. Non ultimo, andare a non perdere il potere decisionale del gruppo austriaco, in un momento molto delicato in cui si stanno stabilimento gli accordi commerciali verso il 2030.
Ora mentre i colloqui sono in corso da tempo è chiaro che il gioco delle parti è iniziato. Quel che è certo è che nessuno vuole ridurre la sua fetta di torta dopo aver resistito a 18 mesi di incertezze globali dovute alla pandemia.
I grandi team, come la Ferrari, complessivamente non sono contrari all’ingresso di una nuova squadra, ma è chiaro che per una nuova fee di ingresso esponenzialmente più alta di quella attualmente in vigore, pari a 200 milioni di dollari, servirà ratificare anticipatamente un nuovo Patto.
Andretti spinge con ogni mezzo per entrare nel Circus
Da molto tempo ormai il gruppo americano ha presentato alla Fia un piano per l’ingresso in F1. La Federazione non fa molto per nascondere il gradimento, una iniziativa che sembrerebbe avere le carte in regola nonostante lo scetticismo di alcuni detrattori sulla capacità di formare un team sufficientemente competitivo.
In termini legali, la Fia può rilasciare la Licenza di correre in F1 ad Andretti, il quale obiettivamente avrebbe tutti i requisiti se appoggiata nell’immediato da un motorista fornitore di Power Unit che ha sottoscritto le regole 2026. F1 – di contro – può formalmente respingere l’iscrizione ritenendo non adeguato l’apporto commerciale, il che creerebbe però un danno di reputazione – diretto o indiretto – a tutte le parti in causa.
Su una cosa sono tutti d’accordo: chi ha resistito alla crisi finanziaria durante la Pandemia deve essere premiato da una diluizione di introiti migliore e non offensiva e, a tal proposito, Gunther Steiner aveva dichiarato prima dell’estate che “si sta parlando più intensamente del nuovo Patto, certamente prima si chiude meglio è per tutti”.
La F1 genera utili, i team incassano importanti profitti. E’ quintuplicato il valore delle squadre.
La Fia può concedere ad Andretti l’idoneità a partecipare, dopodiché dovrà dimostrare a chi detiene i diritti e agli altri team – di non voler fare solo del business. Ecco perché una quota di ingresso oggi estremante bassa non è efficace a filtrare le vere intenzioni.
Ogni scenario è possibile, ogni attore ha dei margini legali per ritenere di proseguire una propria strada, ciononostante, una soluzione condivisa eliminerebbe a possibilità di danni collaterali. Partorire un nuovo accordo commerciale che garantisca al contempo l’ingresso di Andretti alla giusta cifra, concertando dei tempi che consentano la progettazione di una vettura presentabile, ed evitare così possibili battaglie legali.
Autore: Giuliano Duchessa