Perché Mick Schumacher non ha eredità

Giuliano Duchessa
15/12/2020

Ammetto che anch’io sono affascinato. Il cognome Schumacher è un cognome che pesa.

Chi sta intorno a Mick, Sabine Khem e naturalmente Corinna, ha gestito molto bene finora questo «macigno». È anche vero che i riflettori grossi si accenderanno da Melbourne. Non ho ancora una idea stabile di quanto possa valere Mick in F1. Sappiamo che le formule propedeutiche oggi sono molto più vicine alla massima categoria – anzi, per meglio dire, meno lontane. Soprattutto per l’approccio. Per esempio, tanto per citare uno a caso della Academy, avevo qualche elemento più convincente su Leclerc che mi portavano a pensare che sarebbe andato davvero forte forte.

Ma Mick ha convinto Ferrari – ed è la cosa che conta – e farà il cosiddetto salto. Sulla carta c’è un piano a lungo termine per lui, proprio per ridurre l’ansia da prestazione al minimo. Ricordiamo che lo stesso Charles appena due anni fa in Alfa Romeo, ci mise qualche Gran Premio a capire, fino a Baku. A differenza di altri come Max, figlio di Jos, non arriva con la nomea del fenomeno.

Sarà perfettamente normale concedergli del tempo e la Haas è l’ideale perché ben strutturata da permettersi un anno di transizione in ottica 2022. In questa chiave il sostegno di Maranello è molto chiaro con la cessione dello chief chassis area Simone Resta. Sulla falsa riga di quello che si voleva fare con Alfa Romeo e che la morte di Marchionne ha ridimensionato. Abbastanza vicino a ciò che sta facendo Mercedes in partecipazione con Aston Martin. Ci torneremo.

Papà Michael nel 1991 quasi 30 anni fa esordì in Belgio spuntando improvvisamente al posto di Bertrand Gachot arrestato per una lite, sulla mitica Jordan ‘191’. Ebbe la sua chance, gli bastò.

Mick non arriva all’improvviso, non è il primo, ne l’ultimo figlio d’arte in F1. Un’eco importante che gli imporrà di dimostrare più di altri. D’altra parte a parer mio non ha alcuna eredità da raccogliere. Perché non c’è riuscito Vettel sbarcato a Maranello da pluricampione. Come va di moda dire in Ferrari, dovrà solo «essere Mick».

Se ci riuscirà, avrà già vinto.

di Giuliano Duchessa

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