Daniel Ricciardo: la grande illusione tra mille sorrisi

Luca Manacorda
03/10/2024

La F1 ha (di nuovo) perso il suo sorriso più rappresentativo, quello di Daniel Ricciardo. Questa volta sembra che per l’australiano, ormai 35enne, si sia davvero scritta l’ultima pagina della sua carriera da pilota nel Circus con il mesto ultimo posto ottenuto nel GP Singapore, trasformato in una sorta di omaggio in suo onore grazie al pit stop nel finale che gli ha permesso di ottenere il giro più veloce in gara. A sua volta, un modo per lui di ringraziare ed essere una volta ancora utile per la Red Bull, visto che con quella prestazione ha tolto il punto addizionale a Lando Norris, principale rivale di Max Verstappen nella lotta per il titolo Piloti. Una domenica tra alti e bassi, come quelli della sua carriera, in cui ha collezionato statistiche più che onorevoli (257 GP disputati, 8 vittorie, 3 pole position, 17 giri veloci) ma che, ammettiamolo, sono nettamente inferiori a quelle che erano le aspettative sul Ricciardo in versione “prime” ammirato ormai parecchi anni fa.

I promettenti anni del debutto

Prodotto del vivaio Red Bull, di cui entra a far parte nel 2007, Ricciardo sale per la prima volta su una vettura di F1 nel test per giovani piloti disputato a Jerez nel dicembre 2009. Nel 2010 è pilota di riserva della Toro Rosso, ruolo confermato anche per il 2011 quando, a metà stagione, si materializzò la possibilità di accumulare le prime esperienze nei gran premi al volante della poco competitiva HRT. Nel 2012 arriva la promozione a titolare in Toro Rosso, in sostituzione di Sebastien Buemi e accanto a Jean-Eric Vergne. In quegli anni la Red Bull dispone di un vivaio ricchissimo, le occasioni per emergere sono poche in un tritacarne che stravolge le carriere di diversi potenziali talenti, ma Ricciardo non spreca l’occasione.

Ricciardo 2013

Nel primo campionato con la scuderia faentina va subito a punti nella sua gara di casa, il GP Australia che apre la stagione. Chiuderà l’anno con 10 punti contro i 16 di Vergne, mentre nel 2013 è protagonista di alcune prestazioni degne di nota come il settimo posto nel GP Cina o il sesto tempo ottenuto in qualifica in Gran Bretagna e Germania che di fatto gli spalancano le porte in Red Bull per il 2014, in sostituzione del connazionale Mark Webber. Il team austriaco si è convinto a scommettere su di lui, le voci sul suo ingaggio decollano durante l’estate e vengono confermate da Helmut Marko a inizio settembre.

Il periodo della grande illusione: l’esplosione in Red Bull

Il 2014 è l’anno dell’introduzione delle power unit ibride che di fatto stravolgono la F1. La Red Bull, dominatrice con Sebastian Vettel del quadriennio 2010-2013, si trova in grande difficoltà come tutti i team che non dispongono del motore Mercedes. Il team entra in forte polemica con la Renault, il tedesco a sua volta non sembra in grado di trascinarlo fuori dalla crisi, ma è proprio in questo scenario critico che emerge prepotentemente Ricciardo: l’australiano vince tre gran premi, gli unici lasciati dalla coppia Hamilton – Rosberg agli avversari, e chiude la stagione in terza posizione. A fine anno Vettel e la Red Bull si separano; il tedesco andrà a inseguire il sogno di vincere con la Ferrari, mentre la scuderia austriaca promuove un altro prodotto del vivaio, Daniil Kvyat. In poco più di un anno Ricciardo è passato da promettente giovane che accumula esperienza in Toro Rosso all’essere un plurivincitore in F1 e prima guida del team più vincente della prima metà di decennio.

Ricciardo 2014

La sua carriera sta decollando, anche se la Red Bull non è più la vettura dominante del recente passato, tanto che il 2015 si rivela un anno deludente con la scuderia solo quarta nel Costruttori: Ricciardo conquista appena due podi, finendo la stagione 3 punti dietro a Kvyat. Il credito nei suoi confronti non viene però intaccato, tanto che nel 2016, quando la Red Bull decide di accelerare i tempi per la carriera del nuovo fenomeno Max Verstappen, è il russo a venire sacrificato nello scambio di sedile con l’olandese. Il figlio di Jos ai tempi è ancora un esuberante adolescente, velocissimo ma protagonista di errori legati alla giovane età e alla scarsa esperienza. Ricciardo a tratti ne soffre la presenza, ma riesce a tenerlo a bada e chiude la stagione nuovamente terzo in classifica generale alle spalle della dominante coppia Mercedes, ottenendo la quarta vittoria in carriera nel GP Malesia, quello rimasto celebre per il motore esploso a Hamilton che di fatto indirizzò il mondiale verso Rosberg.

La difficile convivenza con Verstappen e l’addio alla Red Bull

Con il passare delle stagioni la superiorità della Mercedes sugli avversari comincia a erodersi: sono gli anni in cui la Ferrari si illude di poter interromperne il dominio, con Vettel che a tratti accarezza il sogno iridato. La Red Bull è terza forza del campionato, in un ruolo da guastatrice che ben si abbina al talento irruente della sua coppia di piloti. Nel 2017 Ricciardo si piazza sette volte terzo e vince il GP Azerbaijan, finendo quinto nel mondiale davanti a Verstappen, il cui rendimento è più altalenante ma impreziosito dalle vittorie in Malesia e Messico. In questo periodo l’australiano si conferma uno dei piloti più spettacolari della F1, tanto che la sua manovra di sorpasso con finta su un lato e passaggio da quello opposto diventa la “Ricciardo’s move“, un’autentica firma.

Ricciardo Verstappen 2016

L’australiano e Verstappen sono grandi amici fuori dalla pista, ma la loro convivenza quando si abbassa la visiera del casco inizia a scricchiolare, complice anche il forte sostegno della Red Bull nei confronti dell’olandese. Sembra inevitabile che il ruolo di prima guida stia passando di mano e questo non aiuta: i momenti più emblematici sono il dito medio che Ricciardo sventola verso Verstappen dopo il contatto al via del GP Ungheria 2017 e il clamoroso tamponamento che mette entrambi fuori dai giochi a Baku nel 2018. La situazione è ormai intollerabile per l’australiano che accetta l’offerta della Renault: sembra un po’ un déjà vu di quanto accaduto a Vettel nel 2014, con la differenza che riportare la casa francese ai fasti del passato appare ancora più complicato. Molti lo temono e la pista lo confermerà: questa decisione segna l’inizio del declino per quello che ai tempi, nella mia rubrica Top&Flop che forse alcuni di voi leggevano su un’altra testata, avevo ribattezzato il “Sofficino australiano”.

Il riscatto mancato con Renault e l’illusione del passaggio in McLaren

Nel 2019 Ricciardo vorrebbe dimostrare alla Red Bull di avere sbagliato a non puntare su di lui, tanto da presentarsi al via della stagione con un casco che riporta in bella vista la scritta “Stop being them” (“Smettila di essere loro“). Il debutto in Australia è però emblematico di quella che sarà una stagione avara di soddisfazioni: 12° tempo in qualifica e auto danneggiata al via passando su un dosso nel prato accanto al rettilineo. La R.S.19 non è una vettura particolarmente prestazionale, come confermano i risultati del suo compagno Nico Hulkenberg, e Ricciardo lamenta difficoltà in frenata, dove non riesce ad essere lo staccatore in grado di completare sorpassi incredibili come ai tempi della Red Bull.

Il deludente nono posto finale viene riscattato nel 2020: in una stagione stravolta dalla pandemia di Covid-19 e preceduta da una serie di movimenti di mercato che coinvolgono anche Ricciardo che firma con la McLaren, l’australiano va sempre a punti tranne in tre occasioni e sale due volte sul podio. Il suo quinto posto finale rimane il miglior piazzamento di un pilota Renault da quello analogo ottenuto da Alonso nel 2008.  I risultati del 2020 e l’approdo in una McLaren che si sta mettendo alle spalle gli anni difficili del binomio con Honda sembrano essere il preludio di una nuova rinascita: il rendimento con il team di Woking però non decolla e il 2021 è un anno sotto le attese, in cui perde il confronto diretto con Norris e il cui bilancio viene salvato solo dalla bella vittoria a Monza.

Il difficile adattamento alle nuove vetture e il declino finale

Il 2022 vede la F1 vivere una nuova rivoluzione regolamentare, la seconda nella carriera di Ricciardo. Il passaggio alle vetture a effetto suolo, però, non lo vede protagonista come nel 2014: l’australiano fatica con le nuove monoposto e in particolare con la MCL35, una vettura con un assetto rake molto inferiore rispetto alle abitudini del nativo di Perth che si trova a perdere nel confronto con Norris soprattutto nelle curve medio-lente. I risultati in pista parlano chiaro: mentre il britannico raccoglie piazzamenti e 122 punti totali, Ricciardo non va oltre quota 37 con un quinto posto come miglior risultato. In un altro déjà vu della sua carriera, la McLaren imita la Red Bull del 2013 e decide un avvicendamento tra piloti australiani, strappando Oscar Piastri all’Alpine per metterlo al posto del connazionale. La carriera di Ricciardo comincia a scricchiolare: rimasto senza un sedile, a venirgli incontro è nientemeno che il team che lo aveva messo in secondo piano e a cui lui aveva detto addio. La Red Bull lo ingaggia come terzo pilota, sfruttandone l’ancora alta popolarità soprattutto per scopi promozionali. Il ruolo gli permette di essere un’ingombrante presenza alle spalle dei piloti titolari di Red Bull e AlphaTauri e infatti, a luglio, è il deludente Nyck De Vries a lasciargli il posto da titolare.

Il ritorno nella scuderia di Faenza chiude il cerchio, purtroppo senza particolari gioie: alla terza gara si fa male nelle libere del GP Olanda ed è costretto a saltare altri quattro gran premi, dove lo sostituisce – con prestazioni molto convincenti – Liam Lawson. E sarà proprio il neozelandese, dunque un altro pilota proveniente dall’Oceania, a togliergli definitivamente il posto in F1 a 3/4 di una stagione 2024 ancora poco brillante, dove è passato dal ruolo di possibile sostituto di Sergio Perez in Red Bull a quello di sostituito. Si chiude così una carriera rapidamente esplosa e che per qualche anno ci ha illuso di aver trovato un possibile terzo incomodo nelle sfide al vertice, rivelatosi invece più uno spettacolare protagonista “di contorno” e sicuramente un personaggio amato dalle folle, ma andato incontro a un progressivo declino. Sempre, però, col sorrisone sul viso.

Foto: @Red Bull Content Pool

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